Dopo dieci anni, torna alla Scala
la tetralogia di Richard Wagner dell’Anello del Nibelungo,
affidata alla regia del David McVicar e – dopo il forfait di
Christian Thielemann – a un duo di bacchette: Simone Young e
Alexander Soddy.
Per ora a loro è stato affidato ufficialmente solo L’oro del
Reno, che debutterà il 28 ottobre (Young dirigerà le prime tre
opere, Soddy le rimanenti tre), ma nei prossimi giorni dovrebbe
arrivare l’annuncio che continueranno anche con Sigfrido,
Valchiria fino alla conclusione (nella stagione 2026/2027) con
il Crepuscolo degli dei.
Questo primo capitolo è pensato come una “tabula rasa”, ha
spiegato Mc Vicar, che man mano si arricchirà nel proseguo del
Ring, a partire dalle scene astratte create dallo stesso regista
con Hannah Postlethwaite, e dai costumi magici di Emma
Kingsbury.
D’altronde Wagner ha pensato ai quattro titoli ciascuno con
una propria identità (e un proprio linguaggio nel libretto e
nella partitura) ma nelle loro differenze li ha organizzati come
un unico arco di eventi, in cui L’oro del Reno, ha spiegato Sir
McVicar, è la commedia (“una commedia barocca”) da cui
scaturisce la tragedia. E’ il mito originale o, volendo, il
peccato originale, un mito moderno “quello del capitale, del
valore che si dà all’oro, ancora oggi: basta pensare alle
riserve auree e ai nostri Paesi dominati dall’accumulo di
soldi”. Da qui Sigfrido, con ancora elementi ancora di commedia,
e la cupezza di Valchiria fino all’epilogo tragico del
Crepuscolo degli dei, che mostra il tragico “fato dell’umanità”.
“La cosa affascinante della tetralogia – ha spiegato alla
presentazione dell’Oro del Reno McVicar, che ha firmato diversi
iconici Ring – è che i suoi significati cambiano ogni volta, in
base a come cambiano le cose nella nostra vita e intorno a noi”.
E la situazione attuale, con i danni che abbiamo fatto
all’ambiente, al pianeta, al clima, entra in questo nuovo
progetto, seppure, ha sottolineato il regista, non in maniera
“didattica” anche se sempre più forte man mano che si prosegue
nelle opere.
“Wagner – ha aggiunto – ci mostra in un orribile specchio la
nostra verità. Ci mostra il sistema in cui anche noi ci troviamo
e da cui non potremo uscire se non con la Gotterdammerung” una
“traiettoria catastrofica” dovuta a come, pensando allo sviluppo
economico. abbiamo trattato “l’ambiente, il pianeta il clima:
per noi è troppo tardi”.
Pensando a un unico progetto in quattro parti, anche i
cantanti sono stati coinvolti per rimanere lungo l’intero ciclo
a partire dalla star wagneriana Micheal Volle come Wotan,
Wolfgang Ablinger-Sperrhacke (Mime), Okka von der Damerau
(Fricka), Fasolt (Jongmin Park) e Alberich (Olafur Sigurdarson).
Young sta lavorando con l’orchestra della Scala per ricreare il
suono della buca di Bayreuth (dove quest’estate ha diretto il
Ring) “un suono sostenuto ma trasparente” ha raccontato. “Questo
– ha concluso Volle – è l’inizio di un viaggio molto
interessante”. Prima del debutto, il 25 ottobre, alle 15 alla
Scala è stato organizzato l’incontro di studio ‘Il Ring alla
Scala’ con un dialogo fra David McVicar e Raffaele Mellace
mentre l’opera il 3 novembre sarà trasmessa in diretta su
LaScalaTv.
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